La globalizzazione e il
partito-padrone
di Paolo Favilli
«Partito dei padroni», «Servo
dei padroni»: si tratta di espressioni che hanno accompagnato per lungo
tempo l’agire politico/sindacale della grande maggioranza delle forme
organizzate delle classi subalterne sia nei momenti di resistenza, sia in
quelli (pochi) favorevoli all’offensiva. In genere quasi tutte le
espressioni utilizzate come strumenti di battaglia, nel contesto di una
lotta di classe esplicita, si caratterizzano per il forte valore emotivo e
l’impreciso valore denotativo. Non che i «padroni delle ferriere» non
fossero chiaramente individuabili, ma neppure quando essi formavano la
parte più evidente del dominio del capitale, tale dominio si esauriva in
quella forma.
Nei periodi in cui, però, la
tipologia del «padrone delle ferriere» era quella più immediatamente
visibile anche i «partiti dei padroni», i «servi dei padroni» si trovavano
ad avere una configurazione precisa nella catena del dominio. Si
configuravano come strumenti politici di servizio (servi appunto)
rispetto a strategie necessarie che avevano come input la sfera del potere
economico. Il modello interpretativo rimaneva forse approssimativo, ma
non era certamente staccato dalla realtà.
Oggi il termine «padrone» è
scomparso dal lessico politico ed anche da quello sindacale.
Nello stesso tempo i modi del
«dominio» sono diventati sempre più pervasivi. Un «dominio» senza
dominus (padrone) è, manifestamente, una inconcepibile
contraddizione. Il fatto che i padroni siano scomparsi dall’uso
linguistico e siano invece ben presenti nella materialità dei rapporti
sociali è un’ulteriore prova di «dominanza ideologica».
Per la verità uno dei massimi
linguisti oggi viventi, Noam Chomsky, ha intitolato I padroni dell’umanità
(The masters of Mankind) un suo recentissimo libro. Egli usa il termine
come elemento coessenziale alla categoria di «dominio», proprio come
aveva fatto anche Adam Smith, quando una scienza economica agli inizi era
ancora strumento di conoscenza reale.
Il termine, inoltre, è ancora
molto usato nell’ambito della scienza sociale critica, ed invece assente dalla
sfera politica. Ed appunto qui è il nodo: si può ancora parlare di una sfera
politica «serva dei padroni»?
Penso che sia necessario
riflettere di nuovo sull’analisi che Michel Foucault, in un libro di più di
quarant’anni fa (Microfisica del potere), esercitava sulle forme di
esercizio del potere nell’ambito del modo di produzione capitalistico.
L’analisi di Foucault, si muove all’interno delle organizzazioni
reticolari tramite le quali il potere si distribuisce in tutto il corpo
sociale. Su questo aspetto, la «microfisica» appunto, si è concentrata
l’attenzione della maggior parte della pubblicistica. Nello stesso tempo,
però, lo studioso francese sottolinea come le caratteristiche
specifiche di quel meccanismo di dominio reticolare siano la
conseguenza di un modo di produzione, di «un sistema economico che
favorisce l’accumulazione di capitale ed un sistema di potere che comanda
l’accumulazione degli uomini». E più recentemente il sociologo tedesco
Ulrich Beck ha sostenuto che è nella «logica del capitale» la ricerca della
propria legittimazione mediante non tanto «l’economicizzazione della
politica, ma la politicizzazione dell’economia».
Nell’attuale fase di
accumulazione nel «partito dei padroni», cioè la «parte» che esercita il
dominio, sia pure «reticolare», sull’insieme del corpo sociale, la
distinzione tra economia e politica è esclusivamente funzionale. Per
fare solo un esempio, il settore industriale dei combustibili fossili,
secondo uno studio del Fondo Monetario internazionale, riceve
contributi pubblici, cioè politici, che assommano a circa cinquemila
miliardi di dollari l’anno. D’altra parte se pensiamo al grado di
finanziarizzazione del sistema economico ed ai livelli di sostegno del
sistema pubblico, cioè politico, di cui ha goduto negli ultimi anni, un
livello tale che ha indotto numerosi analisti a parlare più di
«capitalismo di stato» che della favola del «libero mercato», la
compenetrazione tra le due sfere risulta essere dato di fatto
difficilmente controvertibile. E qui ci riferiamo unicamente ad
iniezioni di denaro, ma la dimensione politica forse più importante è la
costruzione stessa, del tutto politica, di quella che chiamiamo
«globalizzazione» e che altro non è che cornice, ed in gran parte anche
quadro, dell’attuale fase di accumulazione del capitale.
Quindi quando noi parliamo di
«partito dei padroni» con riferimento alla sfera politica, dobbiamo avere
ben chiaro che ci riferiamo a forze attivamente e convintamente
compartecipi tanto della costruzione che del radicamento delle logiche
di tale fase. In Italia lo spazio di cui stiamo parlando è molto affollato,
ma la forza più moderna, coerente, dotata di capacità e di possibilità
decisionale è il Pd, che attualmente si identifica con il suo dominus
primo: Matteo Renzi.
Il processo di emancipazione
dei subalterni si è svolto attraverso l’ampliamento progressivo dei
diritti, che significa ampliamento progressivo della democrazia,
consustanziale al progetto di trasformazione della plebe in popolo. Il
«partito dei padroni» è il protagonista del processo inverso. Tutti gli
atti fondamentali del governo Renzi si iscrivono con perfetta
connessione in tale svolgimento.
Il «partito dei padroni» non
rappresenta né «serve» i padroni. I suoi dirigenti sono «padroni».
Naturalmente in un meccanismo di diffusione reticolare del dominio si
è «padroni» a livello diverso. Il diverso livello, le amministrazioni locali
ad esempio, e nel loro ambito la diversità dei comuni e delle regioni, non
comporta nessuna fuoriuscita dalle logiche dominanti del «partito».
Perché la diffusione reticolare è del tutto interna a processi che hanno
ormai una lunga storia ed un radicato sistema di relazioni tra le diverse
funzioni dell’esercizio del «dominio». Al massimo sono possibili
aggiustamenti tattici e di posizionamento.
La costruzione di una forza
politica antitetica ai modi dell’accumulazione in corso, può reggere
l’alleanza con la dimensione locale del «partito dei padroni»?
Fonte: il manifesto
Originale:
http://ilmanifesto.info/la-globalizzazione-e-il-partito-padrone/
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