domenica 13 novembre 2016

Landini: se passasse questa riforma l'unica cosa che hanno eliminato son...

Maurizio Landini,
«Se uno di destra o un fascista difende la Costituzione, e lo fa così come lo fa l'ANPI e la CGIL, non è mica un problema nostro.
Non siamo mica noi che abbiamo cambiato idea.
Probabilmente sono loro che hanno imparato la lezione.
Il problema è uno di sinistra che fa le cose di destra insieme alla destra».

lunedì 7 novembre 2016

Josè Pepe Mujica: "La vita è un miracolo, non sprecatela nel consumismo. Per essere felici trovate il tempo di vivere"

Josè Pepe Mujica: "La vita è un miracolo, non sprecatela nel consumismo. Per essere felici trovate il tempo di vivere"
L'Huffington Post  |  Di Renato Paone
 “È fondamentale difendersi dagli attacchi del mercato. E per far ciò serve la sobrietà nel vivere, che consiste nel trovare il tempo di vivere. Questo è l’unico reale esercizio della nostra libertà”. Sono le parole di Josè Pepe Mujica, ex presidente dell’Urugay e personaggio di rilievo internazionale per la particolarità della sua presidenza, cinque anni che hanno segnato una svolta nel paese uruguayano. 

Ma il suo è stato anche un esempio per il mondo. E lo ha dimostrato anche oggi, ospite al Teatro Palladium di Roma per presentare il libro "La felicità al potere" e per incontrare gli studenti. Ha parlato di capitalismo, di cultura e dell’importanza della libertà, diretta espressione della felicità, tema a lui molto caro. “Tutti gli esseri umani sono liberi - ha proseguito Mujica - ma è fondamentale che utilizzino il proprio libero arbitrio. Ad esempio, quando lavoro, perché ne ho necessità, non sono libero. Però, quando faccio qualcosa che mi piace, allora sì che sono libero”.

Per Mujica è tutta una questione di come ci si pone nei confronti del mondo: o soggiogare alle regole del mercato, del sistema e del materialismo, divenendone schiavi, oppure cercare di distaccarsi da tutto questo: “Se non posso cambiare il mondo posso cambiare la mia condotta personale e la posso cambiare adoperandomi nella ricerca della felicità”.

Una lotta individuale, quindi. Una lotta che deve avere un solo risultato, un solo scopo: la felicità. Un valore, questo, che purtroppo non è proprio del sistema vigente – se non apparentemente - nella nostra società, come sottolinea la “pecora nera al potere”, in cui domina una cultura egemonizzata dall’economia capitalista: “E’ logico che un sistema generi una cultura a suo favore, sarebbe innaturale il contrario. E questa cultura di cui parlo è molto presente nella nostra società. E che cosa ci porta? Ci porta solitudine e infelicità. Il nostro mondo moderno è caratterizzato da questi due fattori: un dato che lo dimostra è la quantità di suicidi che registriamo, un numero maggiore delle vittime di guerra sommate a quelle degli omicidi”.

Un fenomeno molto complesso quello messo in luce da Mujica. Secondo lui, questi suicidi sono l’emblema della contraddizione insita nel capitalismo: “Se da un lato, infatti, ci permette di aver un maggior grado di benessere e di vivere più a lungo, allo stesso tempo ci porta anche molti elementi negativi, come dimostrano i dati sui suicidi nel mondo”.

Non sono sfuggite a Mujica anche un paio di battute sulle prossime elezioni americane: “Non mi preoccupa tanto se vincerà Trump, perché lui passerà, così come tutti i presidenti. In Europa c’è stato Hitler, e anche lui è passato, alla fine. Quello che mi preoccupa veramente è la gente che lo voterà: loro sì che rimarranno. Loro rappresentano una classe media che, vivendo nell’incertezza, attribuisce le colpe ora ai cinesi, ora ai messicani. In realtà sta esprimendo una patologia”. Una patologia che deriva dalla concentrazione di ricchezza e benefici nelle mani di poca gente. “Un fenomeno che, negli Usa come in Europa – ha sottolineato – sta creando delle aspettative nella grande moltitudine delle classe media: sono quelli che votano Trump o che in Francia sostengono i nazionalisti. Una contraddizione che appartiene alle destre di tutto il mondo, proprio perché l’economia è globalizzata”.

“Certo - ha affermato Mujica, ritornando sulle presidenziali Usa - anche Clinton è abbastanza conservatrice”. “Il paradosso di oggi, del mondo moderno - ha proseguito - è che i candidati sono commercializzati come fossero dei prodotti, e questo lo dobbiamo alla tecnologia”. “La rivoluzione informatica che ha investito il nostro mondo – ha avvertito – avrà ripercussioni istituzionali pesanti nella forma di democrazia che avremo in futuro, così come la sta avendo sulla cultura, le università e il sistema scolastico”.

Poi un ultimo messaggio rivolto ai giovani e a chi si prepara a vivere le dinamiche del mondo e della nostra società: “La vita è un miracolo, essere vivi è un miracolo. E non possiamo vivere oppressi dal mercato che ci obbliga a comprare, ancora e ancora. Anche perché non paghiamo con i soldi, ma con il tempo della nostra vita”.

Josè Pepe Mujica a Roma La vita è un miracolo non sprecatela nel consumi...

domenica 6 novembre 2016

Louis Armstrong - What A Wonderful World (HQ Audio)

LE BUGIE DEI DOCENTI PER IL SI AL REFERENDUM


Care e cari amiche/ci la mail di Vincenzo Marino mi ha stimolato nel raccogliere le idee e intervenire nel confronto avviato da Gianni Marcatili, il risultato è quello che Vi invio con le annotazioni in coloro rosso che seguono ogni punto richiamato da Vincenzo:

Da Franco Bassanini a Tiziano Treu a Guido Enrico Tabellini passando per Stefano Ceccanti, Pasquale Pasquino e Salvatore Vassallo. Quasi 200 giuristi, tra professori ordinari, associati e ricercatori protagonisti della vita accademica degli atenei italiani, hanno rotto gli indugi e sottoscritto un manifesto per il "Sì" al referendum sulla riforma costituzionale. Le ragioni, più di una, sono elencate e spiegate punto per punto in un documento elaborato quasi a compendio degli argomenti usati dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che nelle sue più recenti uscite pubbliche ha ricordato soprattutto la volontà di tagliare le poltrone più appetibili in un Paese, l'Italia, con troppi politici.
Anche Renzi ha i suoi professori. L’appello dei “docenti per il SI” è un contrappello in risposta ai costituzionalisti che hanno  invece e per primi avviato il loro appello contro la revisione costituzionale. Ce ne sono ben 184, ma non sono tutti costituzionalisti e neppure tutti giuristi, ci sono filosofi, storici, economisti, tributaristi, sociologi, ma non veri e propri esperti in complesse materie costituzionali. Molti di essi inoltre non sono neppure docenti, ma associati e ricercatori, cosa non proprio corretta  se gli stessi dovranno superare un concorso per poi diventare veri docenti e magari saranno giudicati da accademici che hanno o meno aderito all’uno o all’altro appello.
I FIRMATARI DEL MANIFESTO PER IL "SI"
I firmatari del manifesto riconoscono alla riforma, varata in Parlamento "con una larga maggioranza" di affrontare "efficacemente alcune fra le maggiori emergenze istituzionali del nostro Paese". "Nel progetto - scrivono - non c'è forse tutto, ma c'è molto di quel che serve, e non da oggi". Segue l'elenco, "a titolo ricognitivo".
1. "Viene superato l'anacronistico bicameralismo paritario indifferenziato, con la previsione di un rapporto fiduciario esclusivo fra Camera dei deputati e Governo. Pregio principale della riforma, il nuovo Senato delinea un modello di rappresentanza al centro delle istituzioni locali. E' l'unica ragione che oggi possa giustificare la presenza di due Camere. Ed è una soluzione coerente col ridisegno dei rapporti fra Stato-Regioni. Ne trarrà vantaggio sia il rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento, che rimane in capo alla sola Camera dei deputati, superando così i problemi derivanti da sistemi elettorali diversi, sia l'iter di approvazione delle leggi".
2. "I procedimenti legislativi vengono articolati in due modelli principali, a seconda che si tratti di revisione costituzionale o di leggi di attuazione dei congegni di raccordo fra Stato e autonomie, dove Camera e Senato approvano i testi su basi paritarie, mentre si prevede in generale una prevalenza della Camera politica, permettendo al Senato la possibilità di richiamare tutte le leggi, impedendo eventuali colpi di mano della maggioranza, ma lasciando comunque alla Camera l'ultima parola. La questione della complicazione del procedimento legislativo non va sopravvalutata, poiché non appare diversa la situazione di tutti gli Stati composti: in ogni caso, e di nuovo in continuità con le esperienze comparate, la riforma prevede la prevalenza della Camera politica".
Non è vero, infatti la cosiddetta “navetta” tra un ramo e l’altro del Parlamento sopravvive anche con la revisione costituzionale. Alcune leggi ( in ben  22 materie ) dovranno passare obbligatoriamente al vaglio sia della Camera che del nuovo Senato, e in altri casi se il Senato ne farà richiesta e poi torneranno alla Camera per la terza deliberazione. Il nuovo iter legislativo in sintesi funzionerà così: il disegno di legge parte dalla Camera, che lo approva. Il Senato su richiesta di almeno 1/3 entro 10 giorni può chieder di discuterlo ed emendarlo nei successivi 20 giorni. A quel punto la Camera lo deve riapprovare ma anche non tenendo conto delle parti emendate e lo riapprova a maggioranza semplice. Ma non sempre, per una lunga serie di materie, se  vuole ignorare tali emendamenti deve farlo a maggioranza assoluta ed entro 10 giorni. Ma non finisce qui  infatti c’è una procedura diversa per le leggi di bilancio  dove il passaggio sarà obbligatorio in tre passaggi Camera, Senato, Camera. Ma con tempi stringatissimi per esaminarli da parte del Senato che sarà obbligato a chiudere la partita in 30 giorni max. E comunque la camera ha priorità e decide tutto ciò che vuole senza possibilità di emendamenti da parte di alcuno.
3. "La riforma del Titolo V della Costituzione ridefinisce i rapporti fra lo Stato e Regioni nel solco della giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma del 2001, con conseguente incremento delle materie di competenza statale. Nello stesso tempo la riforma tipizza materie proprie di competenza regionale, cui corrispondono in gran parte leggi statali limitate alla fissazione di "disposizioni generali e comuni". Per la prima volta, non si assiste ad un aumento dei poteri del sistema regionale e locale, bensì ad una loro razionalizzazione e riconduzione a dinamiche di governo complessive del paese. La soppressione della legislazione concorrente serve razionalizzare in un'ottica duale il riparto delle materie e comporta di per sé una riallocazione naturale allo stato o alle regioni della competenza a disciplinare, rispettivamente, i principi fondamentali e le norme di dettaglio che già spettava ad ognuno di essi. Inoltre, l'impianto autonomistico delineato dall'art. 5 della Costituzione non viene messo in discussione perché la riforma pone le premesse per un regionalismo collaborativo più maturo, di cui la Camera delle autonomie territoriali costituirà un tassello essenziale. Con la riforma, peraltro, non viene meno il principio di sussidiarietà e dunque la dimensione di una amministrazione più vicina al cittadino rimarrà uno dei principi ispiratori della Costituzione".
I rapporti tra Stato e Regioni con il nuovo art. 117 le Regioni e gli Enti  Locali perdono  quasi completamente la loro autonomia legislativa e lo Stato centralista potrà  fare e disfare tutto ciò che vorrà. Un passo indietro enorme fa tornare di competenza esclusiva dello Stato centrale una serie di importanti materie istituzionali con forti ricadute sulla vita dei cittadini e sull’uso del territorio come le politiche dei  trasporti  l’energia, la finanza pubblica, il sistema tributario, tutela e sicurezza del lavoro, politiche sociali, istruzione e formazione professionale. Con  buona pace dell’idea federalista anche solo autonomista che porterà ad esempio ad azzerare qualsiasi possibilità di intervento degli enti locali su decisioni importanti che riguardano l’uso del territorio ( percorsi di strade, ferrovie, siti ambientali ( inceneritori , discariche, ecc. ), trivelle, poli direzionali, sportivi, aree industriali o commerciali.Inoltre  è vero che si attribuiscono  competenze regionali in materie  molto vaste, ma queste vengono di fatto contraddette dalla “ clausola di supremazia” dello Satto centrale.  Che sarà esclusiva competenza del Governo e non del Parlamento. Si ritorna al concetto  degli anni ’50 dell’interesse nazionale su tutte le materie legislative, peraltro dando poteri assoluti al Governo e nemmeno al Parlamento, così calpestando ogni idea di “autonomia locale”. Altro che avvicinare lo Stato ai cittadini.
4. "I poteri normativi del governo vengono riequilibrati, con una serie di più stringenti limiti alla decretazione d'urgenza introdotti direttamente nell'articolo 77 della Costituzione, per evitare l'impiego elevato che si è registrato nel corso degli ultimi anni e la garanzia, al contempo, di avere una risposta parlamentare in tempi certi alle principali iniziative governative tramite il riconoscimento di una corsia preferenziale e la fissazione di un periodo massimo di settanta giorni entro cui il procedimento deve concludersi".
5. "Il sistema delle garanzie viene significativamente potenziato: il rilancio degli istituti di democrazia diretta, con l'iniziativa popolare delle leggi e il referendum abrogativo rafforzati, con l'introduzione di quello propositivo e d'indirizzo per la prima volta in Costituzione; il ricorso diretto alla Corte sulla legge elettorale, strumento che potrà essere utilizzato anche sulla nuova legge elettorale appena approvata; un quorum più alto per eleggere il Presidente della Repubblica. Del resto i contrappesi al binomio maggioranza-governo sono forti e solidi nel nostro paese: dal ruolo della magistratura, a quelli parimenti incisivi della Corte costituzionale e del capo dello Stato, a un mondo associativo attivo e dinamico, a un'informazione pluralista".
I poteri del Governo e in primis del suo leader-padrone non avrà più bisogno di decretazioni d’urgenza  per far passare le leggi che  più gli interessano, svilendo di fatto il ruolo  del parlamento, del Quirinale, della Consulta, delle Autorità indipendenti, della Magistratura e della Rai. Non a caso gli stessi firmatari dell’appello del si riconoscono, nelle sue figure più rappresentative come Carlo Fusaro ed altri, che ammettono che la riforma “rafforza il potere del governo in Parlamento”. Un vero e proprio eufemismo per non dire che si crea un premierato pressoché assoluto secondo cui  il capo di un  qualsiasi partito che raggiunga alle elezioni anche solo il 20 %- 25%  dei voti potrà ottenere  il 54% dei parlamentari, e a quel punto nominarsi il Presidente della Repubblica, un bel po’ di giudici costituzionali, e di membri laici del CSM, le Autorità “ non più indipendenti”, e i vertici della RAI TV. Inoltre il governo si impadronisce dell’agenda dei lavori  parlamentari che saranno detatti dal governo stesso con il meccanismo delle leggi dichiarate “ d’urgenza” che dovranno essere apporovate in non più di 70 giorni, mmentre la stessa corsia preferenziale non è prevista per le leggi di iniziativa parlamentare né per le leggi proposte dai cittadini. Le  cosiddette “garanzie” saranno tali solo per il premier e il governo non per il Parlamento ne tantomeno per i cittadini.
6. "Viene operata una decisa semplificazione istituzionale, attraverso l'abolizione del Cnel e la soppressione di qualsiasi riferimento alle province quali enti costitutivi della Repubblica".
Il CNEL che avrebbe dovuto funzionare come luogo di confronto tra e con le parti sociali costa oggi  4,5 milioni di euro che sono per i  soli dipendenti rimasti e che, non verranno affatto ridotti ma passeranno alla Corte dei Conti. Sono rimasti in 24 consiglieri su 64. La legge di stabilità 2015 ha abolito le loro indennità, i rimborsi e tutte le spese per le loro attività. Di fatto operano  senza oneri per lo Stato. Di fatto era già stato abolito con leggi ordinarie.
7. "Infine, lo sforzo per ridurre o contenere alcuni costi della politica è significativo: 220 parlamentari in meno (i senatori sono anche consiglieri regionali o sindaci, per cui la loro indennità resta quella dell'ente che rappresentano); un tetto all'indennità dei consiglieri regionali, parametrata a quello dei sindaci delle città grandi; il divieto per i consigli regionali di finanziare senza controlli i gruppi consiliari; e, senza che si debba aspettare la prossima legislatura, parimenti alle novità precedenti, la fusione degli uffici delle due Camere e il ruolo unico del loro personale. Il testo non è, né potrebbe essere, privo di difetti e discrasie, ma non ci sono scelte gravemente sbagliate (per esempio in materia di forma di governo: l'Italia rimane una repubblica parlamentare!) o antidemocratiche. A quanti, come noi, sono giustamente affezionati alla Carta del 1948, esprimiamo invece la convinzione che - intervenendo solo sulla parte organizzativa della Costituzione e rispettando ogni virgola della parte prima - la riforma potrà perseguire meglio quei principi che sono oramai patrimonio comune di tutti gli italiani. Si tratta ora però di raccogliere le sfide di una competizione europea e globale che richiede istituzioni più efficaci, più semplici, più stabili".
Bugia madornale: dal bilancio di previsione del senato 2016 il costo totale odierno è di 540 mln. Di questi 79,5 lordi finiscono nelle tasche dei senatori, tutti gli altri sono costi del personale amministrativo, deiu servizi, delle forniture, del mantenimento e della manutenzione della sede centrale e degli uffici. Le indennità degli attuali 315 senatori  ammontano a 42 mln lordi su cui i senatori fanno rientrare allo Stato con l’Irpef ca. 14 mln. Nel “nuovo” Senato ci saranno 100 senatori nominati e “stipendiati” dai loro consigli regionali o comunali, i quali sopporteranno di avere dei membri delle loro istituzioni “dimezzati” pur pagandoli per intero ( non piccola annotazione spesso dimenticata) alla fine il risparmio netto sarà di 28 mln ( cioè 42 – 14 = 28 ). Il Senato poi, versa altri 37 mln per le spese sostenute dai suoi membri per lo svolgimento delle loro attività di mandato ( la diaria ( 13,6 mln ) , i rimborsi per le spese generali ( 6,4 mln ) , per la dotazione di strumenti e attività informatizzate ( 0,6 mln )  e per ragioni di servizio ( 0,5 mln ). Rimborsi e supporti che spetteranno egualmente ai “nuovi” senatori per svolgere la loro attività “ avanti e in drè” da Roma alle loro sedi regionali o comunali. Quindi siccome questi saranno 1/3  di quelli di prima i 37mln e rotti si ridurranno a 12 mln, con un risparmio lordo di 25 mln e netto di 20 mln ( detratti 5mln di tasse non più versate ) Totale del risparmio 28+20= 48 mln, pari all’8,8% del costo attuale complessivo. Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto decurtando del 10% lo stipendio complessivo di deputati e senatoiri senza toccare la Costituzione. Se si aggiunge che si sarebbe potuto ( e perché no ? ) eliminare tutto il Senato e dimezzare il numero dei deputati eletti  e pagarli la metà di quel che vengono pagati adesso, il risparmio vero per i costi della politica sarebbe stato quello si vero e consistente per le casse dello Stato. Ma l’obiettivo evidentemente non era quello.
"Per tutte queste ragioni di metodo e di merito - concludono i firmatari del manifesto - noi siamo convinti che la grande discussione nazionale che si apre in queste settimane e che continuerà fino alla vigilia della consultazione referendaria potrà persuadere i cittadini italiani della bontà della riforma approvata con coraggio dal Parlamento e della sua utilità per il miglior governo del Paese. Il sì potrà garantire meglio di qualsiasi altra scelta tutto questo".
C’è da restare stupefatti dalla pochezza e faciloneria con cui un variopinto elenco  di intellettuali di altrettanto variopinte culture professionali , accademiche e politiche in cui brillano molti notissimi adepti al culto del liberismo economico e del “darwinismo” sociale, possano affermare in un appello pubblico a favore del SI referendario , questa  aperta contraddizione in termini : “A quanti, come noi, sono giustamente affezionati alla Carta del 1948 ( ndr. sic ! ) , esprimiamo invece la convinzione che - intervenendo solo sulla parte organizzativa della Costituzione e rispettando ogni virgola della parte prima - la riforma potrà perseguire meglio quei principi che sono oramai patrimonio comune di tutti gli italiani. Si tratta ora però di raccogliere le sfide di una competizione europea e globale che richiede istituzioni più efficaci, più semplici, più stabili".
Del resto basterebbe avere un minimo di onestà intellettuale per comprendere  (e tanto più lo dovrebbero fare persone che dicono di voler perseguire ancora oggi pur vaghi indirizzi valoriali di sinistra , ma vedo che ciò è francamente scomparso  come sentire comune di vaste masse un tempo socialiste o comuniste e oggi definitivamente subalterne al pensiero unico dominante liberista )  che:
1)      Non è assolutamente vero che la revisione costituzionale non incida sulla forma dello Stato, né su quella dei poteri del  governo. E’ vero il contrario: è sempre più chiaro, infatti, come la forma di governo verrà modificata nelle misura in cui il premier, soprattutto se anche capo di un partito o di un movimento che abbia fatto incetta di seggi attraverso una legge elettorale fatta ad hoc, avrà il toatle controllo del Parlamento. E la forma di stato va verso una fortissima ricentralizzazione dei poteri.
2)      E’ evidente come una siffatta revisione costituzionale che attribuisce alla maggioranza di turno un potere abnorme, avrà riflessi innegabili ed inevitabili anche sulla prima parte della CVostituzione  attraverso un ulteriore probabile ridimensionamento dei diritti sociali ivi scolpiti, rendendo sempre più semplice l’abuso di “prove di forza governative” che peraltro hanno già caratterizzato l’azione di questo governo ad esempio nello smantellamento delle tutele dei lavoratori; con ciò facilitando  quel che scientemente accade da alcuni decenni di indebolire e quindi azzerare i contrappesi  democratici all’esecutivo.
3)      Il tanto decantato  snellimento  del procedimento legislativo si rivelerà una pia illusione alla luce del nuovo art. 70 che porterà alla moltiplicazione dei conflitti di attribuzione di fronte alla Corte Costituzionali, incrementando alla fine i tentativi di ridurne i poteri verso una decisa svolta di stampo presidenzialista, e il relativo abbattimento delle residue garanzie democratiche.
In ballo, cari amici c’è il futuro della Democrazia ( e una visione della società  ad essa coerente )  in un mondo in cui le potenti  oligarchie economiche e finanziarie a tutti i livelli stanno ristrutturando il proprio ruolo sullo scacchiere geo-politico ed economico, le cui evidenti finalità puntano a svuotare dall’interno ( ove ancora esistono  come in Europa ) le strutture democratiche degli Stati, e per fare questo hanno necessità di distruggere superandole le Costituzioni democratiche e antifasciste nate alla fine della 2° guerra mondiale. Nella chiara convinzione che queste siano ormai incompatibili con la crescita dei loro profitti e della loro visione del mondo.
I pericoli sono reali e concreti e sarebbe buona cosa non sottovalutarne la portata storica.

        Bussero, 6 novembre 2016                                                                                                
                                                                                                                          Vitaliano Serra

lunedì 24 ottobre 2016

#imprenditorichi?

#imprenditorichi? quelli poveretti a milioni con partita iva obbligati a farla perché han perso il posto di lavoro? quelli giovani che lavoro non ne trovano più? ma guardate che questi si chiamano e si pensano anche "imprenditori" ma sono impiegati o operai che una volta sarebbero stati dentro una fabbrica o una azienda, ma che oggi sono costretti dalle politiche liberiste a improvvisarsi, inventarsi, dichiararsi imprenditori di se stessi. Le "start up" le chiamano, ma delle tante che si creano dopo un po' ne restano ben poche ! E il quadro che si prospetta in termini di lavoro é molto più consono ad una sua lenta e inesorabile diminuzione negli anni a venire, alla,luce di investimenti privati che mirano all'uso di nuove tecnologie robotizzate che non aumenteranno di certo i tassi di occupazione, ma anzi li ridurranno pesantemente nel prossimo futuro. Facendo crescere soltanto i lavori marginali a basso contenuto tecnologico e in concorrenza sfrenata al ribasso delle quote di salario attraverso l'uso mirato delle migrazioni teleguidate e forzate grazie alle guerre create dagli stessi attori che si dicono poi impossibilitati a risolvere il problema creato riversando i costi sui ceti meno abbienti. C'é chi non ha ancora capito bene la realtà che ci circonda. Il tema é quali politiche economiche oggi siano auspicabili per farci uscire da una crisi che invece se continua ad essere affrontata con politiche e strumenti monetari e finanziari di tipo liberista non potranno che far peggiorare le condizioni materiali di vita di una gran parte della popolazione, compresi gli illusi che pensano di risolvere il problema da soli. L'impoverimento di massa e l'aumento dello sfruttamento del lavoro, sono un dato strutturale delle economie occidentali e non potrà che peggiorare nei prossimi anni. Non a caso qualche economista più avveduto parla già di "stagnazione secolare". Per fare questo i poteri finanziari ed economici dominati guidati dagli USA ( in questo senso si deve leggere il distacco del nuovo corso renziano dalla logica filo europea a dominante tedesca' l'endorsement di Obama serve a quella geostrategia di esclusivo interesse USA !) forzano la mano ai loro satelliti ( vedi la revisione della ns. Costituzione repubblicana e antifascista ) per ridurre il tasso di democrazia nei loro Paesi . Solo la cieca ignoranza dei meccanismi di potere economico finanziario globale può evitare di vedere questo. Del resto le politiche di Fiscal Compact, di Pareggio di Bilancio in Costituzione, Ttip, Mes ecc. vanno in quella direzione. Vi ( e purtroppo ci ) piaccia o meno. Loro si se ne faranno una ragione, lasciando a noi poveri tapini la beffa oltre al danno. Tale situazione meriterebbe una grande battaglia politica e culturale di massa, a livello europeo, che ristabilisca le condizioni per una nuova politica socialista e di investimenti pubblici e di indirizzo di quelli privati, nei settori della salvaguardia climatica, dell'ambiente, del recupero del territorio, della cultura, ecc.ecc. nuovi piani industriali di riconversione produttiva, di infrastrutturazione diffusa ( no alle grandi opere e ai grandi eventi si alle mille piccole opere di salvaguardia territoriale e di messa in sicurezza dei suoli ).

sabato 1 ottobre 2016

sul cosiddetto "popolo"

Il cosiddetto" popolo" poco meno di 100 anni fa ha dato il suo viscerale assenso all'avvento violento del fascismo e lo ha fatto non perché si sentivano fascisti almeno nella gran maggioranza, ma perché la grancassa mediatica del tempo, l'informazione a senso unico, e la difesa di mille piccoli interessi individuali e individualisti o familisti, unitamente ad un bassissimo livello di istruzione e tanto più di cultura, hanno permesso pressocché senza batter ciglio ( tranne alcune avanguardie acculturate e non prone al "capo padrone di turno" capaci di riflessione critica e di coscienza di classe ) ad una banda di cialtroni e di prepotenti, al soldo e nell'interesse dei poteri forti di allora ( industriali, banchieri, agrari, burocrati, nobiltato monarchico ) di portare questo Paese al disastro e alla guerra. Ricordo che le costituzioni servono, e tanto più quelle di ispirazione antifascista come la nostra a durare nel tempo, e ad essere strumento fondamentale di garanzia democratica e sociale per le parti più deboli della società, non certo per i ricchi e potenti perché questi i cazzi loro se li sanno fare più che bene. Ed oggi in un mondo globalizzato a trazione liberista, in cui le più potenti banche e finanziarie e multinazionali del mondo hanno dichiarato formalmente la necessità e l'urgenza di togliere di mezzo le costituzioni democratiche e antifasciste nate dopo la 2° guerra mondiale in Europa, Suona davvero sconcertante che quello che doveva diventare un grande forte partito della sinistra italiana divenga, sia divenuto, lo strumento principale di attacco alla Costituzione non per ampliare i livelli di democrazia ( anche economica tra l'altro ) e gli spazi di partecipazione popolare, fare della scuola non uno strumento di nuova selezione sociale ma di liberazione delle mille attitudini culturali e lavorative e intellettuali dei nostri ragazzi e ragazze, per una società meno diseguale, qualificare il welfare non abolirlo, difendere il territorio indirizzando gli investimenti pubblici e privati verso piani industriali innovativi, nel campo dell'energia, della salute climatica, del recupero abitativo, della salvaguardia dell'ambiente, colpendo duramente l'evasione fiscale e la corruttela diffusa, ecc ecce. Insomma Altro che rovinare la Costituzione, occorreva e occorre urgentemente applicarla, e se piccoli ritocchi si potevano fare avrebbero dovuto indirizzarsi appunto verso la possibilità di perseguire meglio quegli obbiettivi, ad esempio eliminando tutto intero il Senato, e dimezzando i parlamentari residui da eleggere direttamente dagli elettori e non nominati in buona parte dal capo partito pro tempore e dimezzando ( si proprio il 50% in meno ! ) gli stipendi a tutti comprese le altre cariche istituzionali. 5000€ di stipendio magari con servizi stampa e informatici più collettivi, sarebbero più che sufficienti per fare quel che dovrebbero fare. Altro che quelle poche decine di milioni di € ( 48 per la precisione ) che invece Renzi sbandiera come grande risultato finanziario. Quindi miei cari renziani non menatela troppo e riflettete bene al danno che state provocando al futuro della democrazia e della partecipazione popolare. Che poi questa litania " del fare senza sapere cosa e a quali costi e per chi ", ce la si sente raccontare da ex-PCI appare francamente beffardo.

lunedì 19 settembre 2016

A proposito di supermercati aperti h24

Il problema é ovvio non sta nel tizio o caio che va a far la spesa in un supermercato della grande distribuzione che resta aperto, e chi se la prende con uno dei due o tutti e due certamente sbaglia il bersaglio, ma questo fa parte della distorsione della realtà di cui i social sono uno strumento. Il vero problema ben più complesso sta invece nel meccanismo micidiale capitalista che tende ad omologare al ribasso sia chi lavora sia chi compra, considerando entrambe le categorie ( in gran parte sovrapposte le une alle altre ) come meri oggetti di consumo, esclusivamente come soggetti funzionali al profitto. Così facendo e mercificando ogni cosa, si mercifica anche la dignità delle persone, l'umanità di cui fa parte o dovrebbe farne parte anche il diritto di chi lavora costretto dal bisogno di un salario, spesso anche insufficiente e/o precario, a rinunciare a pezzi importanti, fondamentali, della propria vita ( la famiglia, le amicizie, le relazioni, per chi l'ha l'aderenza alla propria fede, ecc ecc ) per soddisfare banalissimi quanto inutili bisogni indotti dal circo mediatico del marketing pubblicitario al fine di far crescere a dismisura i profitti di pochi. Qui sta la vera stoltezza dell'idea che si va sempre di più strutturando di un mercato a ciclo continuo h24 in cui tutto, ma proprio tutto debba funzionare per vendere, per far comprare, per creare profitto, senza una vera ragione che lo renda necessario. Una bulimia capitalista no limits. Forse sarebbe il caso di ripensarci, fermarci, se ne siamo ancora in tempo. Forse anche Morandi sarebbe d'accordo.

lunedì 5 settembre 2016

Resilienza ed Empatia : adattarsi o cambiare ?

Resilienza ed Empatia : adattarsi o cambiare ?
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Sono sempre più comuni sui media i richiami alla resilienza, una caratteristica del comportamento umano richiamata all’origine dalla metallurgia e riferita alla capacità di un metallo o di un materiale a resistere ad un urto traumatico senza spezzarsi.
Quella che nelle tradizioni culturali occidentali più antiche viene  più correntemente denominata resistenza cioè la capacità di essere fermi e saldi contro una forza che si oppone, senza lasciarsi abbattere, oggi  va più di moda, anche nei comportamenti, la resilienza.
Oggi si parla di "comunità resilienti" ad esempio nel caso della comunità di Detroit a seguito della crisi dove, dopo il crollo della General Motors e la brutale deindustrializzazione, la città si è svuotata dei suoi abitanti e il Comune ha dichiarato bancarotta.
Il significato è esplicito: piegarsi per resistere meglio ma senza correre il rischio di spezzarsi, andare oltre ( ma di quale oltre si intenda non sempre si capisce bene !). E la sua apparizione nel dibattito attuale è dovuto alla psicologia.
Spesso la resilienza viene coniugata all’altra parolina magica: ottimismo.
L'ottimismo assume differenti configurazioni a seconda della cultura di appartenenza. Si è più o meno ottimisti, o pessimisti, per via dell'appartenenza a una comunità o ad un'altra.
Nella società nordamericana il benessere soggettivo è quasi un obbligo sociale, un mandato sociale. La ricerca della felicità, scritta nel DNA di quel paese persino nella sua Costituzione ( che per farlo notare ai nostri “affrettati e confusi riformatosi costituzionali” che affermano che la nostra Costituzione è vecchia avendo “ormai” 70 anni, in realtà di anni ne ha  ben 229 !), costituisce lo scopo ultimo della vita degli individui: autoaffermazione, autostima, autogiustificazione sono caratteri ben presenti in quel paese; l'individualismo infatti necessita di una forte dose di ottimismo e naturalmente di egocentrismo. Una psicologa, Edith E. Grotberg, studiosa di resilienza, ha proposto un modello per il mondo infantile per superare le situazioni traumatiche fondato su: I have, I am, I can (io ho, io sono, io posso). Come non sentire in questo l'eco dello stesso slogan elettorale di Obama?
Al contrario, come nelle democrazie europee, in società caratterizzate da un sistema sociale più sobrio, severo,  autorevole  se non proprio autoritario,  comunque disciplinato, in cui prevale la collettività  e l’individuo è compreso ma non dominante, si dice prevalga il pessimismo.
In Cina, invece, l'impronta lasciata dal confucianesimo nella cultura sposta dall'individuo alla società la spiegazione degli eventi, e consente di perseguire una teoria del cambiamento ciclico: è la via orientale all'ottimismo.
Non sono in grado di affermare se questa seconda strada sia migliore della prima per affrontare una questione assai complessa, ma é interessante per valutare le diverse reazioni umane allo stato di crisi che ha colpito il Sistema-Mondo  a trazione capitalista con l’esplosione guidata dall’economia liberista, e in particolare i paesi occidentali, ma credo che forse ci sia un’altra ipotesi percorribile per un’umanità che nella sua stragrande maggioranza subisce pesantemente  i contraccolpi della crisi, nelle sue varie accezioni – finanziaria, economica, produttiva, ambientale e culturale – si chiama  empatia cioè la capacità di comprendere a pieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa "sentire dentro", o "mettersi nei panni dell'altro", ed è una capacità che fa parte dell'esperienza umana ed animale.
Paradigmi, quelli della resilienza e dell’empatia, che s'avviano a diventare nei prossimi anni temi centrali nella politica, oltre che nel sociale e nell’economico, nell'autorganizzazione delle singole comunità.

Credo che la sinistra ( critica e pensante in quanto appunto critica ) dovrebbe cominciare a pensarci per rimettere all’ordine del giorno la necessità di socialismo, quale solo sistema sociale capace di far prevalere gli interessi generali, su quelli particolari, dare rilevanza al noi, riscoprire “gli altri” come  condizione necessaria per un più pieno e completo sviluppo di noi stessi.