domenica 7 ottobre 2012

Bersani-Renzi: la differenza c’è, ed é molta. Basta guardare i programmi

  

La cosa più irritante di questo dibattito sulle primarie è che non si parla dei programmi dei candidati. Si discute di regole, ricambio generazionale ma non delle idee. Eppure sia Bersani che Renzi hanno espresso proposte che meritano attenzione.
Sorprendentemente le due proposte hanno punti di contatto che non appaiono marginali: diritti civili (immigrati, convivenze, fecondazione); centralità di un’Europa politica; valorizzazione della scuola; piano straordinario per gli asili nido e l’occupazione femminile; anche nella ricetta per uscire dalla crisi ci sono elementi di contatto: sia Bersani che Renzi pensano ad un sostegno ai redditi medio-bassi, ma entrambi sono troppo timidi in merito ad un grande progetto di “redistribuzione dei redditi dai più ricchi ai più poveri”.  Ambedue fanno affidamento sulla lotta all’evasione fiscale, anche se Renzi la vede soprattutto come fenomeno trasversale di tutte le categorie sociali, mente a  mio parere andrebbe mirata a partire dai grandi evasori e dalle categorie che li esprimono di più. Curiosamente li accomuna anche l’ambizione ‘‘dirigista’’ sull’economia, in questa fase più che necessaria: puntano sulla cultura, la sostenibilità, le nuove tecnologie, il turismo, e sembrano voler rispolverare le leve della programmazione, ma non appaiono entrambi capaci di prefigurare un netto cambio di rotta strategico verso una riconversione produttiva senza più ritardi.
Andando in profondità emergono le differenze. Le due proposte partono da un’analisi diversa dei problemi dell’Italia e giungono ad una ricetta diversa. In poche parole possiamo dire che Bersani pone l’accento sulla diseguaglianza del paese, Renzi invece sul ruolo del pubblico che sarebbe un ostacolo per la crescita.
Bersani parte dal fatto (vero) che in Italia la diseguaglianza è aumentata a dismisura negli ultimi venti anni con una compressione dei salari in favore della rendita (finanziaria), una tendenza che deve essere riequilibrata tramite un innalzamento delle tutele (mercato del lavoro, accessibilità ai beni comuni) una patrimoniale e una nuova lotta alla povertà; secondo Renzi invece il vero problema è l’estensione del ruolo del pubblico, propone di abbattere drasticamente il debito pubblico via privatizzazioni e di reperire circa 70 miliardi tagliando la spesa pubblica (la cifra portata a casa da tutte le manovre Berlusconi-Monti nel 2011).
Il primo pone una maggiore equità come presupposto per la crescita via stimolo della domanda interna. Nel fare questo sottostima le controindicazioni (inflazione, calo produttività) e pone meno attenzione alle politiche per riqualificare l’apparato produttivo, che andrebbe orientato decisamente verso la green-economy e la qualità e innovazione tecnologica ( potenziando  pesantemente la ricerca )  accompagnata da un adeguato innalzamento
della produttività (liberalizzazioni mirate, semplificazioni normative ma non deregulation, etc.).
 Un ricetta, quella di Bersani,  che viene da molti anche nel centrosinistra ritenuta difficile da attuare anche perché richiede la disponibilità di risorse pubbliche che, viene detto,  non ci sono, dimenticandosi che è possibile applicare le indicazioni di Sbilanciamoci ( il sito di rilievo internazionale degli economisti “sgomenti”) che propongono invece una ricetta non liberista all’uscita dalla crisi attraverso: 
 “…… nuove entrate fiscali potrebbero venirne più della metà, 21 miliardi di euro. Innanzi tutto con la lotta all'evasione fiscale, poi 8miliardi dalla tassazione delle rendite al 23%, dall'aumento dell'imposizione al 49% per i redditi oltre i 200 mila euro; dall'introduzione di tasse di scopo (SUV, diritti televisivi sullo sport, spettacolo, pubblicità, etc.). Inevitabile poi prendere un po' di risorse dove i soldi non mancano, il 10% più ricco della popolazione: qui viene proposta una tassa straordinaria per i patrimoni sopra i 5milioni di euro, con una imposizione minima del 3 per 1000. Da interventi sulla spesa pubblica attuale potrebbero venire 17 miliardi di euro. Nelle spese militari la cancellazione dell'acquisto del cacciabombardiere JSF produrrebbe un risparmio in 10 anni di 16 miliardi di euro, e la riduzione del 20% delle spese militari in due anni produrrebbe un risparmio di 6 miliardi di euro. La rinuncia al programma delle inutili grandi opere (a cominciare dal Ponte sullo Stretto di Messina) comporterebbe un risparmio di 3miliardi. Una razionalizzazione della spesa pubblica potrebbe abolire i contributi alle scuole private (1,4miliardi in due anni )…….”.
 Renzi punta, in un classico refrain liberista, a tagliare la spesa pubblica improduttiva, a semplificare e a rendere più efficiente la pubblica  amministrazione per poi dare spazio all’iniziativa privata e al mercato. Rimane invece sullo sfondo il tema dei diritti di cittadinanza e sociali. Un progetto già proposto per l’Italia negli anni ’90 anche dal centrosinistra. Legittimo proporre questa medicina ma la proposta di Renzi sembra ignorare che uno dei limiti di quella esperienza sia stato che abbiamo disintegrato la costituzione economica del paese senza costruirne una nuova. Le parole d’ordine liberalizzazioni, privatizzazioni, semplificazioni hanno finito per indebolire le istituzioni che sono un ingrediente importantissimo per lo sviluppo.
Questa diversa visione riguarda anche il ruolo della politica. Per Bersani i partiti vanno riformati – e rafforzati -  dando attuazione all’articolo 49 della Costituzione mentre per Renzi vanno sostanzialmente disintermediati ( snaturati costituzionalmente ? ) dando spazio ad una imprecisata ( nelle forme )  partecipazione dal basso. Nel primo caso si pensa a forme di rappresentanza classica (corpi intermedi a partire dal sindacato e dall’associazionismo), nel secondo a quella diretta ( come però non lo dice ).
Si tratta di due proposte diverse, l’una fortemente ancorata nella tradizione classica socialdemocratica che vuole soprattutto parlare alla gran massa di impoveriti e in progressiva difficoltà economica e sociale ( lavoratori dipendenti, pensionati, giovani precari, piccoli e piccolissimi imprenditori  e artigiani, e l’altra che vuole parlare a quella parte illusa dal presunto “sogno berlusconiano” ora si ritrovano impoveriti e sgomenti di fronte alla distruzione delle certezze a piene mani distribuite negli ultimi 20 anni .
 La prima punta su una maggiore equità e sulla centralità del lavoro e della sua dignità vedendo nella riqualificazione ed ammodernamento dell’apparato produttivo una condizione per necessaria e ineludibile, la seconda propone di fare le due cose assieme grazie ai tagli della spesa pubblica improduttiva.
Si tratta quindi di  una sfida  reale e decisiva per il potere, e quindi di  una sfida di contenuti e di strategie che, se mal gestita, rischia di spaccare definitivamente il PD decretandone la fine. Le prime mosse con lo scontro sulle regole per le primarie non  sono buone.
Il post (Fonte: http://lamanovisibile.comunita.unita.it ) è stato pubblicato nelle sue parti non sottolineate e non in grassetto è stato pubblicato a firma Elio Barucci  come articolo sul quotidiano Europa il giorno 6.10.2012 con il titolo ”Bersani e Renzi. Non così lontani”. Io l’ho modificato nelle sue parti sottolineate in quanto lo considero impreciso e non ne condivido pienamente la filosofia che lo ha prodotto e le conclusioni a cui perviene.                                     

VITALIANO SERRA

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