Ciao Gianni, ho avuto modo di leggere più volte il tuo appassionato contributo per le tesi congressuali del PD del prossimo autunno-inverno, e di rileggere anche il tuo bell’intervento al recente congresso straordinario PD del circolo di Bussero e dopo qualche tempo di riflessione cerco di raccogliere le mie idee in proposito. Nel brevissimo incontro che abbiamo avuto occasione di avere al Circolo Familiare prima di andare in ferie, ti ho già accennato molto succintamente al disagio che provo da qualche tempo nel pensare al PD e al possibile contributo che io potrei ancora dare a questo partito. Ma sinceramente man mano che ci rifletto più mi allontano da questa prospettiva. Nessuna delle attuali ipotesi politiche e culturali che sono parte integrante, e pressoché esclusiva, del dibattito interno mi convincono della necessità di stare dentro quel percorso che pure ho contribuito fattivamente ad individuare dalla sua nascita in quell’ormai lontanissimo 2007.
Le ipotesi in campo sono a mio parere tutte incapaci di fornire un idea ed una speranza di cambiamento reale e concreto e capaci di dare risposte vere alle grandi sfide che sono davanti a noi. Insomma se il PD era nato per cambiare la politica e per dare un nuovo orizzonte progressista e di sinistra alle grandi masse popolari colpite da una globalizzazione mercificata e mercificante. In realtà quella che si proponeva come l’aprirsi di una grande battaglia di progresso ( aprirsi al mondo e ai bisogni delle nuove generazioni senza “arrotolare le nostre bandiere” e le ragioni della sinistra, come ahimé disse, ora penso senza crederci davvero, Piero Fassino nell’ultimo Congresso dei DS ! ) si è ridotta ad essere la fotocopia sbiadita di un riformismo debole, succube del pensiero unico totalizzante del “mercatismo”, a cui debbono essere sacrificate tutte, o gran parte, di quelle “ragioni”.
Io penso caro Gianni che ripeterci di essere e di stare a sinistra continuando a stare in un partito che invece nei fatti si pone come orizzonte, quello angusto di questo mondo dove vengono globalizzate, ergo azzerate, le identità, le culture, ma soprattutto le merci e il denaro, salvo che globalizzare i diritti, non è ciò per cui mi sono sempre battuto, e non è essere di “sinistra”. Almeno se per sinistra intendiamo, e lo intendiamo, io e te certamente, quello che tu scrivi nelle tue” ipotesi di tesi” congressuali.
Qualcuno certamente obietterà che anche nel 2007 il PD non aveva questo orizzonte, ma uno molto più ristretto. Certo, ma non era scoppiata ancora la crisi e l’accelerazione improvvisa delle sue nefaste ripercussioni parevano ai più non così pressanti.
La crisi, non più solo ciclica, ma “sistemica” che proprio per questa ragione non è più solo affrontabile con normali aggiustamenti monetari, apre nuovi scenari e pone nuove domande alla politica e ad una politica che si vuole di “sinistra”.
La crisi che da 5 anni attanaglia i paesi più industrializzati è quindi una “crisi di sistema”, determinata dalla convergenza di più crisi tutte causate dalla finalizzazione dell’economia alla crescita infinita della produzione di merci e dall’ inesorabile raggiungimento del limite oltre il quale questa comincia a distruggere i suoi stessi fondamenti vitali.
Le crisi che confluiscono sono almeno 6:
1) crisi economica, che è essenzialmente una crisi di sovrapproduzione determinata dal fatto che le innovazioni tecnologiche finalizzate ad aumentare la produttività e la competitività, riducono la domanda riducendo l’occupazione e contestualmente accrescono l’offerta.;
2) crisi ecologica, determinata dal progressivo esaurirsi di molte risorse non rinnovabili, da un incremento esponenziale degli scarti di produzione e dai rifiuti spesso inquinanti che la natura stessa non è più in grado di metabolizzare, dl progressivo esaurimento della fertilità della terra in conseguenza del supersfruttamento chimico;
3) crisi sociale, che nei paesi industrializzati si manifesta con un aumento della disoccupazione soprattutto giovanile e dall’impoverimento di sempre maggiori strati di popolazione;
4) crisi morale, che deriva dal fatto che finalizzando l’organizzazione economica e produttiva alla crescita di produzione di merci, il denaro ed il profitto è diventato il principale se non unico riferimento del sistema di valori condivisi;
5) crisi della politica, che dalla parte degli elettori si manifesta con una progressiva riduzione della partecipazione alle elezioni e alla vita politica in generale ritenuta ormai inutile e anche nociva, e la trasformazioni dei partiti in oligarchie a tutela dei privilegi di pochi e ad una riduzione sempre più angusta dell’orizzonte di cambiamento, dall’idea di società si è ridotti a politica di risoluzione, peraltro impossibile, in un quadro economico negativo, dei “micro fatti”;
6) crisi internazionale, con l’aumento del divario tra popoli ricchi e popoli poveri, con l’estendersi di guerre locali e micro conflitti per il controllo delle risorse, non solo energetiche.
Di fronte a tutto ciò e ai rischi enormi che si possono manifestare anche nelle società e tra gli stati anche nella nostra parte di mondo occidentale che si pensava immune da tali rischi ( impoverimento di grandi masse, conflitti e guerre, distruzione dell’ecosistema, ecc. ) la politica, che è parte costituente della crisi sistemica, e i partiti che ne sono il mezzo di espressione, sono nella loro elaborazione quotidiana, se non i minuscole enclavi culturali più evolute, completamente assenti ed incapaci di elaborare una strategia. Il PD non è affatto immune da tale incapacità e insensibilità.
Ecco perché poi a cascata sinistra, uguaglianza, solidarietà, giustizia sociale, libertà, si tramutano in parole vuote che hanno perso il loro significato originario e in questo generale stravolgimento anche dei significati stessi delle parole, non rappresentano più nessuno e non sono vissute dalle classi più subalterne come concrete possibilità di riscatto.
Non è un caso che ormai quelle stesse parole pronunciate, sorprendentemente, ma non certamente a caso, dal nuovo Papa Francesco, diventino obiettivi per il raggiungimento di una salvazione ultraterrena , compassionevoli , più che piattaforme politiche, più che essere obiettivi di riscatto sociale per noi, oggi e qui.
Ecco il PD è culturalmente subalterno all’ottica dominante, ha perso nel suo percorso, via via che lo percorreva, e la crisi ha accelerato innegabilmente questo processo, tutte le sue potenzialità progressive e persino democratiche, basti pensare che senza alcun dibattito interno sono passati provvedimenti addirittura di riforma costituzionale introducendo l’obbligo del pareggio di bilancio dello Stato, in rispetto ossequioso degli indirizzi liberistici dei manovratori delle politiche economiche di austerità a senso unico della BCE, del FMI e delle grandi e oscure lobby economico-finanziarie globali.
Le inquiete quanto rarefatte tesi dell’entourage neoliberista “vincente” ( almeno così appare inevitabilmente ) di Matteo Renzi, fanno il paio con i perenni tatticismi del vecchio apparato, compreso Bersani su cui avevo riposto qualche speranza seppure puramente programmatica, dell’ufo Barca non si hanno concrete notizie e molto confuse, Cuperlo mi piace ma finora non ha centrato affatto l’obiettivo di aprire davvero lo scontro culturale, e di Civati ho letto il suo ultimo libretto “ Non mi adeguo” che pone molti accenti positivi sulla necessità di riprendere il cammino “srotolando le nostre belle bandiere “, ma non basta un libretto e una storia un po’ troppo contigua al liberista Renzi ed alla confusa Serracchiani per farne il leader di un nuovo partito di sinistra.
Ad essere sincero non vedo altro nello scarno dibattito fin qui apertosi. Delle ragioni profonde e della natura sistemica della crisi e di una politica coerente con tali considerazioni che ponga all’ordine del giorno, in Italia, in Europa e nel Mondo una ripresa della cultura politica socialista e coerentemente democratica, non vedo traccia.
Un abbraccio fraterno a te e famiglia, Vitaliano Serra
Livorno, 9 agosto 2013
Nessun commento:
Posta un commento