LA SINISTRA: PROVE D’ORCHESTRA……………MA
BISOGNA CAMBIARE MUSICA ( e pure qualche musicante ).
Ho seguito con attenzione
l’incontro tenutosi il 23/09 a Reggio
Emilia alla Festa Nazionale di Sinistra Italiana alla presenza di Fratoianni ( SI ), Bersani (
Art. 1-MDP ), Civati ( Possibile ), Montanari ( Assemblea del Brancaccio – LeG),
Acerbo (PRC) dal tema “Ora o mai più: la sinistra che cambia, la sinistra che
innova”. Un’ora e mezza di dibattito che ha contribuito a darmi qualche
certezza ma anche molte perplessità, qualche verità, molti silenzi. In realtà
il titolo non mi è sembrato azzeccato, visto che più che di cambiamento o di
innovazione si è trattato di comprendere se vi siano le condizioni politiche
per costituire una alleanza elettorale unitaria della sinistra, alternativa al
PD, alle prossime elezioni politiche.
Puntualizzo sinteticamente quanto ho capito e percepito dal dibattito:
Fratoianni ha insistito con determinazione nella urgenza
e necessità di “costruire da subito questa lista unitaria”, ha sottolineato in
un passaggio “il deficit di questa discussione”
affermando che è giusto chiedersi “cosa è successo in questi ultimi 10
anni di crisi e ai cambiamenti epocali che si sono avvicendati nel mondo globalizzato”, dall’avvento col papato
di Francesco di una nuova identità cattolica molto più radicale , nella sua
critica al globalismo capitalista, di
quanto sia stata la posizione della sinistra, che le diseguaglianze hanno
toccato un punto vertiginoso di ingiustizia sociale dove 8 persone nel mondo
hanno più reddito di quasi altri 3,6 miliardi di persone, dove il quadro
politico ha visto l’approssimarsi di una
destra ancor più regressiva e densa di pericoli, un M5S nato con una spinta di
equità ma via via scivolato verso una regressione autoritaria e xenofoba, un PD
massimo responsabile dell’avvento di politiche liberiste sul lavoro, sulla
pensioni, sulla scuola. Di fatto un quadro politico fortemente squilibrato a
destra che richiama alla creazione di un quarto polo più nettamente di sinistra
che ridia coerenza di programmi e speranza ideale a quella gran parte di popolo che non votano più. Sui programmi gli accenni
sono stati sulla necessità di “restituire al lavoro i diritti rubati (
ripristino dell’Art.18 ), abolizione dl Jobs Act per una nuova legislazione del
lavoro più dignitosa con aumenti di salario e alla luce delle nuove tecnologie anche
di riduzione del tempo di lavoro, l’abolizione della Legge Fornero sulle
pensioni e la gratuità dell’istruzione scolastica”. Seguire la strada già
percorsa da Corbyn in Inghilterra.
Bersani ha in ogni suo intervento ripetuto come un
mantra “il pericolo incombente delle destre eversive al governo”
con l’intento di evidenziare la necessità di “stare larghi e pensare largo” quindi interessato a portare
il PD su posizioni meno oltranziste, nella speranza di convincere “ la vasta
area dentro il PD che sta zitta e non ha ancora maturato un distacco netto dal
renzismo, ma ne è palesemente delusa e contraria”. Ha ripetuto infatti “non
bastiamo solo noi”. Nessun vero accenno
di analisi autocritica, non fornendo spiegazioni al fatto per cui “i cattivi
pensieri -di destra- sono entrati anche tra le nostre fila”. E
perché mai questo è accaduto? Davvero Bersani, che non ho dubbi sul ritenere persona
onesta e seria, non riesce a capire che
le derive di destra di una parte crescente di quello che era il popolo della
sinistra, perfino del suo zoccolo duro nelle regioni che furono “rosse”, sono
il frutto delle politiche che anch’egli ha determinato a scegliere, con
approvazione delle leggi liberiste e antipopolari approvate dal PD anche con lui
ai vertici in tutti questi anni ?
Sui programmi Bersani, stimolato evidentemente
dal contesto, si è spinto a dire che
l’obiettivo deve essere “ridurre le diseguaglianze sociali”. Come?
-
Ridefinendo le norme sul “ lavoro che deve
essere dignitoso, regolato e meglio pagato, anche con riduzioni di orario”;
-
Piano di “investimenti pubblici sui temi del
territorio, dell’ambiente, dell’acqua, delle mille piccole opere”;
-
Per un “welfare universalistico su sanità,
scuola, fisco progressivo “;
-
Nuove regole del mercato senza accenno alcuno se non una
contraddizione enorme, un lapsus freudiano che gli è venuto fuori come quello
di dire “ che le liberalizzazioni servono per andare contro le prepotenze del
mercato libero” ( sic! ) Una sinistra che liberalizza è socialista o
liberista? Forse a Bersani le idee sono
un po’ tanto confuso sul tema economico che ritengo “centrale”;
-
Regole di cittadinanza e qui ha citato solo
la legge sullo “ius soli” come una necessità di giustizia verso ragazzi che sono nati qui, vivono qui da
decenni, frequentano le nostre scuole e
sono amici dei nostri figli”, ma nulla sul reddito di cittadinanza.
Se l’è presa con la gran
parte dell’intellettualità cattolica che nonostante le mutate condizioni
interne al clero oggi di fronte ai cambiamenti epocali in corso se ne stanno
zitti e sordi ad ogni stimolo.
Quindi di fronte al rischio
di una vittoria della destra Bersani ha concluso chiedendo, ma in tal caso “dopo “noi a chi ci
ci rivolgeremo- per riorganizzare l’opposizione e forse anche la resistenza -
se non al PD” ?
Vedo molti limiti ad una
ipotesi unitaria, che voglia davvero essere genitrice di qualcosa di più ampio
e duraturo, se non si sciolgono seriamente i nodi dell’autocritica forte al recente passato, al tipo di scelte da
farsi in campo economico e sociale per rendere coerente il dire e il fare di
questa eventuale lista unitaria, all’incomprensione e la sottovalutazione di quale sia la realtà
che vivono molti nostri cittadini, italiani e non solo, nei mille quartieri
delle periferie cittadine in ogni parte d’Italia con l’impatto del dumping
salariale che oggettivamente mette contro italiani e immigrati stranieri,
del pesante disagio che si percepisce
nel mettere assieme in un arco di tempo molto breve, come in una specie di
frullatore con ingredienti diversi in culture, tradizioni, identità. Basterebbe
che molti politici che parlano di diseguaglianza facessero e non ufficialmente ma di soppiatto,
informandosi , chiedendo, parlando con la gente di quelle realtà per percepirne
anche solo minimamente il disagio palpabile. E poi direi che anche sui temi del
lavoro vedo molte difficoltà. Non basta
abolire il Jobs act e ripristinare l’Art.18, ma occorre risolvere il tema degli investimenti necessari per creare lavoro
in un tempo in cui sempre più la tecnologia tenderà a ridurlo, delle condizioni
di lavoro ( le regole ), della sicurezza nel lavoro, della dignità nel lavoro,
del dumping salariale con la creazione di un salario minimo di base per tutti,
apprendisti e tirocinanti compresi.
Sul fronte della chiarezza
credo che il prof. Tomaso Montanari presidente di Libertà e Giustizia e
promotore con Anna Falcone del Comitato Nazionale per il NO al referendum di
Renzi contro la Costituzione, e dell’Assemblea del Brancaccio, sia stato il più netto, evidenziando anzitutto
la necessità di perseguire l’applicazione senza se e senza ma del dettato
costituzionale come bussola per il futuro, anche quello programmatico di una
sinistra che deve essere più radicale e che
sappia indicare con chiarezza dove vuole andare e cosa vuole fare. E in tale
futuro non ci può essere posto per questo PD, dopo tutti i suoi tradimenti ad
una concezione autentica della sinistra, perch abbiamo il dovere, se entreremo
in parlamento di migliorare la vita del popolo
e non di chi siederà in quella sede.
Per Civati il più netto sull’urgenza
di strutturare l’unità della lista, c’è la necessità programmatica di definire
le risorse , tante che serviranno per la scuola, l’università, la ricerca, ha
evidenziato la necessità di dare sponda alle rivendicazioni del mondo
femminile, anche con una maggiore presenza nelle liste, e l’inevitabilità di
una autocritica forte sui molti errori commessi
da tutta la sinistra in tutti questi anni.
Il Segretario del PRC
Acerbo ha iniziato il suo primo
intervento con una appoggio netto al processo indipendentista della Catalogna.
A mio parere è subito partito male, perché non è che gli “indipendentismi” possano essere presi a seconda delle
convenienze o peggio di chi li egemonizza ( se lo fa Bossi in Italia e retrivo,
se lo fanno i “compagni della sinistra catalana o spagnola allora va bene è
progressista ), Una riflessione sul tema andrebbe fatta, perché credo che gli
indipendentismi non siano oggi la
soluzione ai problemi che la globalizzazione pone all’ordine del giorno, e i
rischi di conflitti sanguinosi possono essere cavalcati per ogni obiettivo,
anche quello di frantumare con guerre civili uno Stato nazionale o un intero
continente. Non ne abbiamo proprio
bisogno.
Quindi si è lanciato come
spesso fanno i compagni comunisti in una pletora di parole d’ordine anche giuste
, e anticipate da un indicazione della direzione da prendere come in Francia
Melenchon o in Germania la Die Linke. Come la legge elettorale proporzionale,
il blocco della TAV, la ripubblicizzazione delle imprese in campi strategici come l’energia e per la
gestione dei beni comuni ( acqua ecc ), per innovare ma con politiche
antiliberiste, con una sinistra che punti a rappresentare le classi subalterne,
contro ogni avventura di guerra e il ritiro delle truppe dall’Afghanistan o dal
Libano. Acerbo punta ad una coalizione che abbia l’intento di avere più
coraggio di quel che ha avuto Salvini,
con un programma minimo , con l’abolizione della legge Fornero, del Jobs
Act.
Nel complesso una serata non
inutile, ma che evidenzia la seria
difficoltà dell’attuale quadro politico della sinistra oltre il PD, a
liberarsi dell’ossessione della governabilità a tutti i costi o quasi, della
insufficienza della propria presa di coscienza sui tanti errori commessi:
-
La necessaria e pubblica autocritica non può
che determinare il farsi da parte di tutti coloro che hanno avuto
responsabilità primarie nella applicazione di scelte economiche e sociali di
governo apertamente liberiste. Non una” redde rationem” ma una coerenza e una
dignità non più rinviabili;
-
La centralità programmatica di politiche
apertamente antiliberiste in netta contrapposizione con tutte le “riforme “
fatte al solo scopo di passare l’esame
di austerity del “ ce lo dice l’Europa”, in quest’ottica non si può evitare di
dire parole chiare proprio in merito all’UE e alla sua politica antipopolare,
con questa UE non si può continuare;
-
Sugli accenni di programma le contraddizioni proprio con gli
indirizzi europei sono evidenti, va
detto come si potrà trovare una
soluzione che tenga assieme capra e cavoli, tutt’al più che bisognerà togliere
di mezzo l’obbligatorietà del pareggio di bilancio e il fiscal compact;
-
Ciò pone all’ordine del giorno la ripresa
della piena sovranità monetaria e la ripubblicizzazione della Banca d’Italia e
del controllo sulla moneta; quale sarà la linea su tali questioni ? Credo che
il “programma minimo” ipotizzato da Acerbo non sia sufficiente per aderire a
questo percorso;
-
Gli investimenti pubblici che lo Stato dovrà
avviare per finanziare politiche keynesiane
dovranno essere ingenti e non potranno
che ristabilire la necessità di una riflessione e di scelte coerenti di
intervento e indirizzo pubblico in
economia verso settori strategici come
l’energia, la ristrutturazione del territorio e l’ambiente, le grandi
infrastrutture e le telecomunicazioni, la ricerca e la formazione, i beni
comuni e la sanità. Un nuovo grande new deal
italiano per risollevare il nostro Paese dalla depressione in cui la
crisi e le errate soluzioni ad essa da parte della UE di banche e finanziarie
ci hanno propinato in tutti questi anni, impoverendo vasti strati di popolo.
Una socializzazione dei settori guida dell’economia un consumo
collettivo, con controlli di capitale, finanza regolata, banche come public utilities, lo Stato
quale creatore diretto di occupazione, e così via. Non è Lenin: è la tradizione
di Paolo Sylos Labini, Ernesto Rossi, di Alberto Breglia così amato da Federico
Caffè di cui occorre riaprire gli studi con grande attenzione. Trova qui spazio
una politica di disavanzi “buoni” dello Stato: pianificati a priori, per dar vita a,
e ampliare costantemente, una quantità e qualità crescente di risorse
produttive utili al fine del benessere collettivo, ovvero investimenti di lungo
periodo in beni tangibili (infrastrutture, trasporti, ambiente, etc.) e
intangibili (salute, ricerca, educazione, etc.). ( Riccardo Bellofiore dal
libro Federico Caffè – Economia senza
profeti - Ed. Studium )
Sarà capace la sinistra di ritornare a fare il suo mestiere ? In tal
caso non importa se non vincerà le prossime elezioni, ma porrà le basi per
costruire una società ed una economia più giusta.