martedì 26 settembre 2017

LA SINISTRA: PROVE D’ORCHESTRA……………MA BISOGNA CAMBIARE MUSICA ( e pure qualche musicante ).

LA SINISTRA: PROVE D’ORCHESTRA……………MA BISOGNA CAMBIARE MUSICA ( e pure qualche musicante ).
Ho seguito con attenzione l’incontro tenutosi  il 23/09 a Reggio Emilia alla Festa Nazionale di Sinistra Italiana  alla presenza di Fratoianni ( SI ), Bersani ( Art. 1-MDP ), Civati ( Possibile ), Montanari ( Assemblea del Brancaccio – LeG), Acerbo (PRC) dal tema “Ora o mai più: la sinistra che cambia, la sinistra che innova”. Un’ora e mezza di dibattito che ha contribuito a darmi qualche certezza ma anche molte perplessità, qualche verità, molti silenzi. In realtà il titolo non mi è sembrato azzeccato, visto che più che di cambiamento o di innovazione si è trattato di comprendere se vi siano le condizioni politiche per costituire una alleanza elettorale unitaria della sinistra, alternativa al PD,  alle prossime elezioni politiche.
Puntualizzo sinteticamente  quanto ho capito e percepito dal dibattito:
Fratoianni  ha insistito con determinazione nella urgenza e necessità di “costruire da subito questa lista unitaria”, ha sottolineato in un passaggio “il deficit di questa discussione”  affermando che è giusto chiedersi “cosa è successo in questi ultimi 10 anni di crisi e ai cambiamenti epocali che si sono avvicendati nel  mondo globalizzato”, dall’avvento col papato di Francesco di una nuova identità cattolica molto più radicale , nella sua critica al globalismo capitalista,  di quanto sia stata la posizione della sinistra, che le diseguaglianze hanno toccato un punto vertiginoso di ingiustizia sociale dove 8 persone nel mondo hanno più reddito di quasi altri 3,6 miliardi di persone, dove il quadro politico ha visto l’approssimarsi  di una destra ancor più regressiva e densa di pericoli, un M5S nato con una spinta di equità ma via via scivolato verso una regressione autoritaria e xenofoba, un PD massimo responsabile dell’avvento di politiche liberiste sul lavoro, sulla pensioni, sulla scuola. Di fatto un quadro politico fortemente squilibrato a destra che richiama alla creazione di un quarto polo più nettamente di sinistra che ridia coerenza di programmi e speranza ideale  a quella gran parte di popolo  che non votano più. Sui programmi gli accenni sono stati sulla necessità di “restituire al lavoro i diritti rubati ( ripristino dell’Art.18 ), abolizione dl Jobs Act per una nuova legislazione del lavoro più dignitosa con aumenti di salario e alla luce delle nuove tecnologie anche di riduzione del tempo di lavoro, l’abolizione della Legge Fornero sulle pensioni e la gratuità dell’istruzione scolastica”. Seguire la strada già percorsa da Corbyn in Inghilterra.
Bersani  ha in ogni suo intervento ripetuto come un mantra “il pericolo incombente delle destre eversive  al governo”  con l’intento di evidenziare la necessità di “stare larghi  e pensare largo” quindi interessato a portare il PD su posizioni meno oltranziste, nella speranza di convincere “ la vasta area dentro il PD che sta zitta e non ha ancora maturato un distacco netto dal renzismo, ma ne è palesemente delusa e contraria”. Ha ripetuto infatti “non bastiamo solo noi”.  Nessun vero accenno di analisi autocritica, non fornendo spiegazioni al fatto per cui “i cattivi pensieri  -di destra-  sono entrati anche tra le nostre fila”. E perché mai questo è accaduto? Davvero Bersani, che non ho dubbi sul ritenere persona onesta e seria,  non riesce a capire che le derive di destra di una parte crescente di quello che era il popolo della sinistra, perfino del suo zoccolo duro nelle regioni che furono “rosse”, sono il frutto delle politiche che anch’egli ha determinato a scegliere, con approvazione delle leggi liberiste e antipopolari approvate dal PD anche con lui ai vertici  in tutti questi anni ?
 Sui programmi Bersani, stimolato evidentemente dal  contesto, si è spinto a dire che l’obiettivo deve essere “ridurre le diseguaglianze sociali”. Come? 
-          Ridefinendo le norme sul “ lavoro che deve essere dignitoso, regolato e meglio pagato, anche con riduzioni di orario”;
-          Piano di “investimenti pubblici sui temi del territorio, dell’ambiente, dell’acqua, delle mille piccole opere”;
-          Per un “welfare universalistico su sanità, scuola, fisco progressivo “;
-          Nuove regole del mercato  senza accenno alcuno se non una contraddizione enorme, un lapsus freudiano che gli è venuto fuori come quello di dire “ che le liberalizzazioni servono per andare contro le prepotenze del mercato libero” ( sic! ) Una sinistra che liberalizza è socialista o liberista?  Forse a Bersani le idee sono un po’ tanto confuso sul tema economico che ritengo “centrale”;
-          Regole di cittadinanza e qui ha citato solo la legge sullo “ius soli” come una necessità di giustizia verso ragazzi  che sono nati qui, vivono qui da decenni,  frequentano le nostre scuole e sono amici dei nostri figli”, ma nulla sul reddito di cittadinanza.
Se l’è presa con la gran parte dell’intellettualità cattolica che nonostante le mutate condizioni interne al clero oggi di fronte ai cambiamenti epocali in corso se ne stanno zitti e sordi ad ogni stimolo.
Quindi di fronte al rischio di una vittoria della destra Bersani ha concluso  chiedendo, ma in tal caso “dopo “noi a chi ci ci rivolgeremo- per riorganizzare l’opposizione e forse anche la resistenza - se non al PD” ?
Vedo molti limiti ad una ipotesi unitaria, che voglia davvero essere genitrice di qualcosa di più ampio e duraturo, se non si sciolgono seriamente i nodi dell’autocritica forte  al recente passato, al tipo di scelte da farsi in campo economico e sociale per rendere coerente il dire e il fare di questa eventuale lista unitaria, all’incomprensione  e la sottovalutazione di quale sia la realtà che vivono molti nostri cittadini, italiani e non solo, nei mille quartieri delle periferie cittadine in ogni parte d’Italia con l’impatto del dumping salariale che oggettivamente mette contro italiani e immigrati stranieri, del  pesante disagio che si percepisce nel mettere assieme in un arco di tempo molto breve, come in una specie di frullatore con ingredienti diversi in culture, tradizioni, identità. Basterebbe che molti politici che parlano di diseguaglianza facessero  e non ufficialmente ma di soppiatto, informandosi , chiedendo, parlando con la gente di quelle realtà per percepirne anche solo minimamente il disagio palpabile. E poi direi che anche sui temi del lavoro vedo molte  difficoltà. Non basta abolire il Jobs act e ripristinare l’Art.18, ma occorre risolvere il tema  degli investimenti necessari per creare lavoro in un tempo in cui sempre più la tecnologia tenderà a ridurlo, delle condizioni di lavoro ( le regole ), della sicurezza nel lavoro, della dignità nel lavoro, del dumping salariale con la creazione di un salario minimo di base per tutti, apprendisti e tirocinanti compresi.  
Sul fronte della chiarezza credo che il prof. Tomaso Montanari presidente di Libertà e Giustizia e promotore con Anna Falcone del Comitato Nazionale per il NO al referendum di Renzi contro la Costituzione, e dell’Assemblea del Brancaccio,  sia stato il più netto, evidenziando anzitutto la necessità di perseguire l’applicazione senza se e senza ma del dettato costituzionale come bussola per il futuro, anche quello programmatico di una sinistra che deve essere più radicale e che  sappia indicare con chiarezza  dove vuole andare e cosa vuole fare. E in tale futuro non ci può essere posto per questo PD, dopo tutti i suoi tradimenti ad una concezione autentica della sinistra, perch abbiamo il dovere, se entreremo in parlamento di migliorare la vita del popolo  e non di chi siederà in quella sede.
Per Civati il più netto sull’urgenza di strutturare l’unità della lista, c’è la necessità programmatica di definire le risorse , tante che serviranno per la scuola, l’università, la ricerca, ha evidenziato la necessità di dare sponda alle rivendicazioni del mondo femminile, anche con una maggiore presenza nelle liste, e l’inevitabilità di una autocritica forte sui molti errori commessi  da tutta la sinistra in tutti questi anni.
Il Segretario del PRC Acerbo  ha iniziato il suo primo intervento con una appoggio netto al processo indipendentista della Catalogna. A mio parere è subito partito male, perché non è che gli “indipendentismi”  possano essere presi a seconda delle convenienze o peggio di chi li egemonizza ( se lo fa Bossi in Italia e retrivo, se lo fanno i “compagni della sinistra catalana o spagnola allora va bene è progressista ), Una riflessione sul tema andrebbe fatta, perché credo che gli indipendentismi  non siano oggi la soluzione ai problemi che la globalizzazione pone all’ordine del giorno, e i rischi di conflitti sanguinosi possono essere cavalcati per ogni obiettivo, anche quello di frantumare con guerre civili uno Stato nazionale o un intero continente. Non ne abbiamo proprio  bisogno. 
Quindi si è lanciato come spesso fanno i compagni comunisti in una pletora di parole d’ordine anche giuste , e anticipate da un indicazione della direzione da prendere come in Francia Melenchon o in Germania la Die Linke. Come la legge elettorale proporzionale, il blocco della TAV, la ripubblicizzazione delle imprese  in campi strategici come l’energia e per la gestione dei beni comuni ( acqua ecc ), per innovare ma con politiche antiliberiste, con una sinistra che punti a rappresentare le classi subalterne, contro ogni avventura di guerra e il ritiro delle truppe dall’Afghanistan o dal Libano. Acerbo punta ad una coalizione che abbia l’intento di avere più coraggio di quel che ha avuto Salvini,  con un programma minimo , con l’abolizione della legge Fornero, del Jobs Act.

Nel complesso una serata non inutile, ma che evidenzia la seria  difficoltà dell’attuale quadro politico della sinistra oltre il PD, a liberarsi dell’ossessione della governabilità a tutti i costi o quasi, della insufficienza della propria presa di coscienza sui tanti errori commessi:
-          La necessaria e pubblica autocritica non può che determinare il farsi da parte di tutti coloro che hanno avuto responsabilità primarie nella applicazione di scelte economiche e sociali di governo apertamente liberiste. Non una” redde rationem” ma una coerenza e una dignità non più rinviabili;
-          La centralità programmatica di politiche apertamente antiliberiste in netta contrapposizione con tutte le “riforme “ fatte  al solo scopo di passare l’esame di austerity del “ ce lo dice l’Europa”, in quest’ottica non si può evitare di dire parole chiare proprio in merito all’UE e alla sua politica antipopolare, con questa UE non si può continuare;
-          Sugli accenni di  programma le contraddizioni proprio con gli indirizzi europei  sono evidenti, va detto come si potrà  trovare una soluzione che tenga assieme capra e cavoli, tutt’al più che bisognerà togliere di mezzo l’obbligatorietà del pareggio di bilancio e il fiscal compact;
-          Ciò pone all’ordine del giorno la ripresa della piena sovranità monetaria e la ripubblicizzazione della Banca d’Italia e del controllo sulla moneta; quale sarà la linea su tali questioni ? Credo che il “programma minimo” ipotizzato da Acerbo non sia sufficiente per aderire a questo percorso;
-          Gli investimenti pubblici che lo Stato dovrà avviare per  finanziare politiche keynesiane dovranno essere ingenti  e non potranno che ristabilire la necessità di una riflessione e di scelte coerenti di intervento e indirizzo  pubblico in economia  verso settori strategici come l’energia, la ristrutturazione del territorio e l’ambiente, le grandi infrastrutture e le telecomunicazioni, la ricerca e la formazione, i beni comuni e la sanità. Un nuovo grande new deal  italiano per risollevare il nostro Paese dalla depressione in cui la crisi e le errate soluzioni ad essa da parte della UE di banche e finanziarie ci hanno propinato in tutti questi anni, impoverendo vasti strati di popolo.
Una socializzazione dei settori guida dell’economia un consumo collettivo, con controlli di capitale, finanza regolata, banche come public utilities, lo Stato quale creatore diretto di occupazione, e così via. Non è Lenin: è la tradizione di Paolo Sylos Labini, Ernesto Rossi, di Alberto Breglia così amato da Federico Caffè di cui occorre riaprire gli studi con grande attenzione. Trova qui spazio una politica di disavanzi “buoni” dello Stato: pianificati a priori, per dar vita a, e ampliare costantemente, una quantità e qualità crescente di risorse produttive utili al fine del benessere collettivo, ovvero investimenti di lungo periodo in beni tangibili (infrastrutture, trasporti, ambiente, etc.) e intangibili (salute, ricerca, educazione, etc.). ( Riccardo Bellofiore dal libro  Federico Caffè – Economia senza profeti  - Ed.  Studium )

Sarà capace la sinistra di ritornare a fare il suo mestiere ? In tal caso non importa se non vincerà le prossime elezioni, ma porrà le basi per costruire una società ed una economia più giusta.

Eguaglianza- Ora o mai più: la sinistra che cambia, la sinistra che innova.