PER NON RASSEGNARCI ALL'ECONOMIA DEGLI SPECCHI E DEL DIAVOLO
di Vitaliano Serra
In questi giorni,
avendo più tempo a disposizione per attività meno quotidiane, ho avuto
l’opportunità di leggere ( nel caso della Mazzuccato ) e rileggere ( in quello
di Ruffolo ) due libri che ritengo molto importanti se si vuole capire bene
cosa sta avvenendo nell’economia italiana.
Nell’uno di
recente pubblicazione “Lo Stato Innovatore” di Mariana Mazzuccato ( ed. Laterza
) trattasi de l’impresa privata che é
considerata da tutti una forza innovativa, mentre lo Stato è bollato come una
forza inerziale, troppo grosso e pesante per fungere da motore dinamico. Lo
scopo del libro è smontare questo mito. Chi è l’imprenditore più audace,
l’innovatore più prolifico? Chi finanzia la ricerca che produce le tecnologie
più rivoluzionarie? Qual è il motore dinamico di settori come la green economy,
le telecomunicazioni, le nanotecnologie, la farmaceutica? Lo Stato. È lo Stato,
nelle economie più avanzate, a farsi carico del rischio d’investimento iniziale
all’origine delle nuove tecnologie. È lo Stato, attraverso fondi
decentralizzati, a finanziare ampiamente lo sviluppo di nuovi prodotti fino
alla commercializzazione. E ancora: è lo Stato il creatore di tecnologie
rivoluzionarie come quelle che rendono l’iPhone così ‘smart’: internet, touch
screen e gps. Ed è lo Stato a giocare il ruolo più importante nel finanziare la
rivoluzione verde delle energie alternative. Ma se lo Stato è il maggior
innovatore, perché allora tutti i profitti provenienti da un rischio collettivo
finiscono ai privati? Della stessa autrice ho postato nel mio Blog < vitalianoserra.blogspot.it > la
lettera al Presidente del Consiglio Matteo Renzi che è illuminante riguardo
alla concezione di politica economica dominante nel pensiero renziano.
Nel secondo edito
da Einaudi nel 2006, a mio parere addirittura “profetico” sulle ragioni profonde
della crisi che stava per sopraggiungere ( 2008 ) e di cui nessuno parlava, di
Giorgio Ruffolo “Lo Specchio del Diavolo”. Trattasi della breve ma
caratteristica storia dell’economia capitalistica dominata dalla finanza cui , come in un gioco
di specchi, non si riesce più a distinguere la realtà dalla sua immagine. Se è
il diavolo che muove la coda o la coda che muove il diavolo. Un viaggio alla
scoperta di una scienza, l’economia, che
, come sostiene Ruffolo, “ dovrebbe servire all’uomo per aumentare il
benessere, la ricchezza e anche la felicità dei popoli” ed invece viene
trattata dal capitalismo moderno come il contesto, favorito a mio parere dal
crollo miserevole, simbolicamente nel 1989, di una purchessia alternativa ideale
ed ideologica , quello dell’esperienza del “comunismo realizzato in un solo
Paese” in cui s’è aperta una guerra senza quartiere tra la finanza
capitalistica e la democrazia, ingaggiata sfidando la politica. Sfida di cui
siamo tutti ormai spettatori ed attori in gran parte inconsapevoli. Da questo
libro il regista Luca Ronconi ha tratto il soggetto per uno dei cinque eventi
teatrali allestiti a Torino in occasione delle Olimpiadi Invernali del 2006
nell’ambito del Progetto Domani e negli anni scorsi presentato dalla RAI.TV il 18/08/2007 per la trasmissione Palco e retropalco -
Palcoscenico ( puoi guardarlo nel mio Blog “ Bisogna spegnere la prepotenza più
che un incendio” : vitalianoserra.blogspot.it ).
I due libri mi
sono serviti per fare una riflessione per punti sullo stato attuale delle cose
in Italia.
1) la recentissima
vicenda della modifica costituzionale del Senato conclusasi simbolicamente con
i vistosi baci e abbracci tra le nuove pasionarie renziane, in primis la bella
ministra Maria Elena Boschi, che apre la strada mal lastricata per un progressivo
e ormai evidente progetto di stravolgimento della nostra altrettanto bella Costituzione e, attraverso
il rafforzamento indubbio che ne consegue del potere decisionale dell’esecutivo
sul legislativo, riducendo i contrappesi di controllo e di confronto non
squilibrato tra maggioranza e minoranze, e di limitazione degli spazi di
democrazia politica. Esito palese la trasformazione in senso presidenzialista
della nostra Repubblica. Un chiaro spostamento in senso perlomeno “meno
democratico” se non direttamente
“antidemocratico” delle opzioni politiche, in funzione del prevalere della
finanza sull’economia, dell’economia sulla politica e della tecnica sull’umanità,
E’ un processo che del resto va via via maturando in tutta Europa e in tutte le
economie e società occidentali;
2) appare oggi
sempre più chiaro il perché della sconfitta ignominiosa imposta a Bersani, e al suo progetto
politico, dai dimenticati “101” della direzione nazionale PD che la notte tra
il 18 e il 19 aprile 2013 bocciarono definitivamente l’ascesa alla
Presidenza della Repubblica di Romano Prodi padre fondatore del PD, la
successiva bocciatura della candidatura certamente più unitaria di Rodotà, e
decretarono l’uscita di scena di Bersani, e in un congresso di partito mai
veramente definito, ma concretamente attuato, chiusero per sempre quella fase
della storia del centrosinistra italiano aprendo la strada ormai senza ostacoli
all’ascesa di Renzi e del renzismo dentro e fuori del PD. Il perché sta nel
fatto che l’obiettivo era molto chiaro, dare la mazzata finale a qualsiasi
ipotesi ragionevolmente ravvicinata in cui la sinistra, e gli ideali politici e
sociali che incarna, potesse determinare alcune scelte economiche prima ancora
che politiche non funzionali al disegno finanz-capitalistico in atto in tutto
il mondo: la limitazione progressiva e
non degli spazi e delle istituzioni della democrazia politica, perché oggi
rappresentano ormai lacci e lacciuoli insopportabili per una concezione liberistica
del potere, in cui la concorrenza intracapitalistica si fa ormai in gran parte
al ribasso dei costi del lavoro anzitutto, ergo la insopprimibile necessità di
abolire i diritti, ridurre il welfare, limitare la democrazia;
3)
si evidenzia il limite culturale del grillismo e del “nuovissimo quanto
contraddittorio” ceto politico del M5S che non avendo compreso il quadro che si
stava delineando avrebbe potuto e dovuto favorire un’accordo con Bersani e il
PD. In realtà una parte non minoritaria dei grillini vuole una democrazia senza
partiti, senza destra e sinistra, solo movimenti No Tav, No Ponte. E chi decide
sono i capi. Ma così non funziona. Credo
invece che PD e M5S avrebbero dovuto dialogare e trovare un assolutamente
possibile accordo su un programma di rinnovamento progressista soprattutto sui
temi economici, sociali e del lavoro, in un ottica antiliberista. E senza
permettere il reingresso sulla scena politica addirittura come nuovo “padre
della patria” costituzionale di Berlusconi e del berlusconismo. Grillo e
Casaleggio non l’hanno mai veramente voluta neppure abbozzare questa idea, ed
hanno colto al volo e con favore il fallimento di Bersani. Obiettivo anche per
loro era far fuori la sinistra.
Una pesante dose di
populismo e di demagogia è servita a loro, per arrivare a milioni di persone.
Altrimenti avrebbero fatto la fine dei tanti partitini che non superano il 5%.
Ma una volta arrivati in Parlamento, e con una affermazione così vasta ed
imprevista perfino per i loro guru, bisognava cambiare registro. Non è che io posso entrare
in Commissione Bilancio e gridare “tutti a casa”. Bisognava mettere un freno
agli slogan, entrare nella complessità. Capire come funziona la macchina, fare proposte e su di esse cercare l’accordo e le
giuste mediazioni , valutare quelle degli altri, trovare le coperture finanziarie
per i provvedimenti. E soprattutto avere
una idea di Paese, una cultura di governo, un programma finalizzato a chi e per
chi. È tutto complicato ma è la democrazia parlamentare. Che ha bisogno di
chiarezza dei poteri, di necessarie tempistiche decisionali, ma anche di pesi e
contrappesi ( controllo, partecipazione, ascolto, capacità di mediazione,
insomma è la politica, è la democrazia ). La politica è una cosa seria e
dovrebbe avere attori altrettanto seri.
4) Ora la sinistra è ai
margini elettoralmente e culturalmente, mentre di fronte alla crisi di sistema
più devastante degli ultimi 60 anni ce ne sarebbe in verità bisogno come l’aria
che respiriamo ( e peraltro anche la nostra aria non è totalmente in buona
salute ! ), bisogno per le classi e i ceti subalterni che si impoveriscono sempre più e per i ceti medi
che lentamente affondano anch’essi impoverendosi. Ma bisogno anche per la
stessa democrazia che lentamente ma inesorabilmente capitola perdendo ad ogni
passo terreno e qualità, di fronte alle perverse e potenti spinte della
speculazione finanziaria, dei poteri forti delle banche e delle agenzie di
rating, della rendita non solo finanziaria, e della politica decisionista e
dell’uomo solo al comando.
Ecco perché oggi più che mai la trincea è
quella della difesa della Democrazia, dei suoi spazi, della sua qualità, e la
battaglia in difesa strenua della nostra Costituzione antifascista risulta
essere fondamentale.
Oggi cresce una idea della politica e della
democrazia in cui non ci sono partiti, ma solo informali ipotesi assembleari,
la rete, il web, che però poi sottostanno all’uomo forte di turno, il più ganzo
del quartiere, quello che sa parlare meglio, sa incantare di più, che ha più
potere economico e di conseguenza mediatico, sa raccontare favole e suona il
piffero con padronanza.
Credo che non possa funzionare, la democrazia ha bisogno di
partiti, di una destra e di una sinistra. Partiti rinnovati, in cui chi ha
fallito si faccia da parte. Ma pur sempre partiti. E di sindacati, di associazioni, di corpi
intermedi che rappresentino la complessità e gli interessi molteplici e spesso
contraddittori presenti nella società civile, e con essi occorre dialogare,
ascoltare e farsi ascoltare.
Ad una nuova sinistra serve ora una nuova generazione di militanti
e di dirigenti, ma che occorre si formino nel pieno delle politiche nel e del
territorio, nella difesa e nel ampliamento del welfare, nella difesa dei
diritti nel mondo del lavoro, e nei confronti dello Stato, uno Stato moderno, pulito,
innovatore. Occorre però e anzitutto una nuova idea di economia. Che si
emancipi dal giogo degli specchi ritrovando la speranza che l’Economia possa essere messa al servizio
dell’umanità, non il contrario, salvando solo a questa condizione, la Politica e la stessa Democrazia.
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